| Grant Wood, January © 1941 |
Chiedi di me nei mesi di neve.
Col caldo di legna asceso ai solai.
E di me nel bianco
estinto nel bianco
che sembra alba
anche l’annottarsi repentino.
Chiedi di me
quando donne isidi feconderanno
con lo sguardo appena
il mondo in tutte le sue parti
e io darò a ogni donna il nome di un sentiero.
O anche di un dirupo.
Che i segnali servono
a volte per smarrirsi
ma anche ad aspettarsi.
E chiedi di me
o del mio vecchio nome
chiedi delle alci timide e sbieche
chiedi degli allori in attesa dei poeti
e d’increspate felci e maremoti.
Chiedi dei porti
dei posti in cui mangiare e perdersi
in un vino fresco che ti scende
come un acquazzone annega una grondaia.
E chiediti perché si muove il mondo
con furie e rotazioni
senza che mai un verso sfondi l’atmosfera
per morire sul fondo della luna
o accecare i telescopi.
Io non so che verso darti
se non ti doni
se non invii i tuoi raggi verdi
e non riscrivi il foglio vergine.
Ché verginità è anche scrivere tacendo.
Finché Dio violerà il silenzio
con le sue reti partorienti pesci.
Chiedi di me nei mesi
in cui mi sarò annidato
a tessere l’elogio del confine.
Quello reciproco nostro
degli occhi mai incontrati.
Che non guardarsi è, in fin dei conti, una distanza.
Di sicurezza.
O sicumera.
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