| Aaron Bowles, The Flame Trees © Aaron Bowles, abowles.com |
Aprimi i lembi delle labbra
per quanto ti ho aspettato.
Apparirmi di sorpresa
da una balconata della Union
prima che chiudessero i cancelli sui binari.
Va bene, me ne andrò
partendo da una roggia.
Da Georgetown.
Da un fresco sole
da un qualsiasi pontile
creando una corrente con le mani.
Che i remi ammalano il silenzio
di marzaiole e folaghe
e il fall foliage perde di magia.
Lo ripetevi spesso.
Essere qui. Restiamo.
Il futuro è troppo denso di partenze.
Restiamo qui
nel reciproco ancorarci.
Lo dicevi sempre.
Ma io ci stavo
nel qui e nel dove
nel nostro nido a Foggy Bottom
nella penuria di paure
quando sorridevamo
e tutto era splendente.
L’incedere artico dell’anno.
I ceppi impetuosi.
La combustione lenta delle sere
nei bicchieri figli di parole.
E quelli che avremmo avuto.
Solo a saperci mescolare i geni
con la semplice capienza dell’Amore.
E invece le partenze.
Da un punto zero.
Dall'esattezza astronomica di un bacio.
Lo spiarono i satelliti
allungarsi nel tempo e nella forma.
Alimentare il movimento delle mani
e fermentare la stretta dell’abbraccio.
Il bacio confuse i secoli del dopo
e poi quelli del prima.
Fu come partorire il mondo attorno.
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