giovedì 31 maggio 2012

Sind es zwei, die sich erlesen, daß man sie als Eines kennt?


Gretchen Kelly, Sunset over Farmland, © 2008



Qui ci moltiplicammo per i venti
Qui invece giacemmo
e i campi radio tacquero.
Qui t’inarcasti incarnata
nel sorriso della sposa.
E qui gli ibischi diedero altro miele.
Qui le narici assaporarono
i voli dei semi paralleli al suolo.
E qui invece tu gioisti di luci deposte nei navigli.

Qui le croci segnarono il confine
e qui mi toccasti il mare nascosto agli occhi
oltre, ben oltre il tuo riflesso verde.
Qui le stalagmiti vollero silenzio
e qui chiamasti il nome mio.
Forse.
O fu l’eco taciturna a ingannarmi
le pareti di roccia a sollevarne il grido.

E in un prato fu l’ormeggio.
E nelle macchie dei fiocchi della neve.
Ci demmo il braccio
a un reciproco riposo
e ogni male divenne esile cruna.
Per una notte nessuno entrò, né uscì
e io interrai sassi a ogni tuo passo
non così
ma per armare il tuo viaggio di ritorno.

Perché furono qui sinfonie e ritornelli
e qui saresti stata ancora
dove ogni nota è penetrale
e tu tiorba e viola
tormento e tromba marina.
Perché qui saresti ancora stata
il mio capo di speranza
il canone dei nomi assegnati
ai sei giorni del Creato.

Qui i semidei decisero
se farsi uomini dai perenni occhi a Oriente
cessando gli arcieri i loro scocchi
dandosi riposo gli orgogliosi
negli sguardi a raggiera di una donna.
E ogni persona finalmente tornò
a essere un’anima vestita.

E due qui si dissero
come fossero da sempre, le parole
E dal sempre all’incessante sempre
i due si diedero.

Daus totas partz sui de joi claus e sens


Lawren Harris, Untitled Mountain Landscape, © 1927-28



I lumi sui cammini
appaiono nelle più disinvolte piogge.
Fasci di Leonidi a picco
e tu
che sali dall'acqua madreterra
ai cipressi lattei delle nubi
ai cieli inerpicati
alle somme magnitudini
sfiorate dai pianeti.

Non muoverti!
è il comando all'amore così ubiquo
miglia ghiacciate
sulle finitudini lunari
che non basta farsi crisalide
se nelle ali non è il volo.

Nessuno più conosce
il regnare dei rami sopra il sole
quando accade
e accade
che i tramonti ci vestano da notte.

Divora
il fuoco
i cibi acerbi
e i racconti che passano di mano
dei cavalieri prostrati sul Sepolcro
dei respiri nel ventre di ogni cuore.

E suona
l'erba
l'estenuato nome
di ciò che ognuno è stato.
Così cantano
gli improvvisati venti
e tutti i pinnacoli e i fondali.

Perdonami questo amore
così feriale
la poc'anima qui in seno
il grigio lento del futuro.

E' che fui prima d'esserti
il Tu dato da Dio
a queste forme d'uomo.
Per cui poche paure.
Fatti midollo d'ossa rigogliose
compagno e
in fine
seme d'orizzonte.

mercoledì 30 maggio 2012

Parole dette in assenza di vento


Marne Kilates, Eastern Wind © 2008



Tu sei il forziere
lasciato sulla rena.
Il magnifico incipiente
specchio delle corde
sull’assolo puro della notte.

Mi hai detto di tacere
quando ci guardammo nel caffè
che fuori c’era il sole
declinato da un mite obliquo vento
garante di carezze.

Fuori c’era il sole.
E io non so
se erano aurora
gli alberi inforcati dalla scia del treno
appena fuori della neve.
O tu
o il tuo sguardo rivolto
a non  fissarmi.

Che futuro c’era nelle parole.
Quelle che non furono.
E meglio per noi.
Perché ci si dimena nel cercare
i sensi delle non dette o intraducibili
prima che cessi il turbine frattale
della luce subalterna della notte.

Perché meglio il buio
allora.
Che non si cerca.
Arriva
per rotazione comandata
delle leggi.

Spittal an der Drau


Ivan Rabuzin, Zagorie, © 1961



Chiedi al borgomastro
dov’è l’amore
che devo aver smarrito
salutando i castori sulla Drava.

Levavo in aria il mio giornale
o il bastone da passeggio.
Credo.
O fu mentre sognavo pratoline.

Ti vorrei qui, ora
reclusa nel mio abbraccio.
Vorrei
invitare la tua mano
a un cenno della mia.
E squadernare il tuo carnet di ballo.

Trovarti.
Cassiopea in questo nord celeste
aspettarmi
fino al prossimo equinozio.

martedì 29 maggio 2012

The Ocean-going Sleep


Calvin Grimm, Icelandic Volcano, © 2010


Non startene là
a violentare abbacinando.
Fatti seme inferto al cuore
di un uomo terra
e attendi con pazienza
che si apra.

Le vere correnti risalgono
i passi delle alture.
Quindi sarai d’Irlanda
o di dovunque
con le tue mani a me afferenti
e non ci saranno mai secche
negli oceani occhi.

Tutto questo vento
così emotivo
mi ferisce.
Eppure non sposto le radici.
Come il bene,
quando è fatto bene
o come per un cambiamento
lento e accurato.

Non sposto le radici.
E da ciò che sono stato
dipenderà il sarò.
Le discese d’arco sulla corda.
L’esteso portamento
da una nota all’altra
della mia e tua partitura. 

Il maestro di equinozi e di solstizi


Maro Gorky, Cycladic Night, © 1987, 

L’Amore ha molti fuochi.
Approssimati, tu
fra i santi e le catene.
E gli occhi fai visibili
come un cuore col chirurgo
come le balene pilota d'inverni esangui.

So come starò senza percorrerti le mani.
Ti avrò in ogni sguardo
di poiane leggere e lacustri.
Sarò l’intercettore dei voli rossi delle foglie.
Abbacinato a piangerne la morte onesta
nel mio vestito nuovo
in un mare di radure.

Ricorderò che accarezzarti
era come starmene in un mare volando sui coralli
nel grande canto del mondo
nel qui ed ora.

L’Amore è il vasaio
e la sua pioggia granula a precipizio.
E più le esponiamo i visi, più cerchiamo le parole.
Le derelitte, le impronunciate,
illibate insillabate nei rivoli eterni del riposo.

Sei stata verbo sigillato
chiuso nell’anima di un leccio.
Suono di vento tubolare
alzato dalla maestà d’organi
in senso contrario al magnete della terra.

L’Amore ha molti fuochi
primo fra i quali il mondo.
E come il mondo mi volli.
Esanime finche non fui
partorito da una donna.