| Gretchen Kelly, Sunset over Farmland, © 2008 |
Qui ci moltiplicammo per i venti
Qui invece giacemmo
e i campi radio tacquero.
Qui t’inarcasti incarnata
nel sorriso della sposa.
E qui gli ibischi diedero altro miele.
Qui le narici assaporarono
i voli dei semi paralleli al suolo.
E qui invece tu gioisti di luci deposte nei navigli.
Qui le croci segnarono il confine
e qui mi toccasti il mare nascosto agli occhi
oltre, ben oltre il tuo riflesso verde.
Qui le stalagmiti vollero silenzio
e qui chiamasti il nome mio.
Forse.
O fu l’eco taciturna a ingannarmi
le pareti di roccia a sollevarne il grido.
E in un prato fu l’ormeggio.
E nelle macchie dei fiocchi della neve.
Ci demmo il braccio
a un reciproco riposo
e ogni male divenne esile cruna.
Per una notte nessuno entrò, né uscì
e io interrai sassi a ogni tuo passo
non così
ma per armare il tuo viaggio di ritorno.
Perché furono qui sinfonie e ritornelli
e qui saresti stata ancora
dove ogni nota è penetrale
e tu tiorba e viola
tormento e tromba marina.
Perché qui saresti ancora stata
il mio capo di speranza
il canone dei nomi assegnati
ai sei giorni del Creato.
Qui i semidei decisero
se farsi uomini dai perenni occhi a Oriente
cessando gli arcieri i loro scocchi
dandosi riposo gli orgogliosi
negli sguardi a raggiera di una donna.
E ogni persona finalmente tornò
a essere un’anima vestita.
E due qui si dissero
come fossero da sempre, le parole
E dal sempre all’incessante sempre
i due si diedero.