mercoledì 13 febbraio 2013

Washingtonians

Aaron Bowles, The Flame Trees © Aaron Bowles, abowles.com


Aprimi i lembi delle labbra
per quanto ti ho aspettato.
Apparirmi di sorpresa
da una balconata della Union
prima che chiudessero i cancelli sui binari.

Va bene, me ne andrò
partendo da una roggia.
Da Georgetown.
Da un fresco sole
da un qualsiasi pontile
creando una corrente con le mani.
Che i remi ammalano il silenzio
di marzaiole e folaghe
e il fall foliage perde di magia.

Lo ripetevi spesso.
Essere qui. Restiamo.
Il futuro è troppo denso di partenze.
Restiamo qui
nel reciproco ancorarci.
Lo dicevi sempre.
Ma io ci stavo
nel qui e nel dove
nel nostro nido a Foggy Bottom
nella penuria di paure
quando sorridevamo
e tutto era splendente.

L’incedere artico dell’anno.
I ceppi impetuosi.
La combustione lenta delle sere
nei bicchieri figli di parole.
E quelli che avremmo avuto.
Solo a saperci mescolare i geni
con la semplice capienza dell’Amore.

E invece le partenze.
Da un punto zero.
Dall'esattezza astronomica di un bacio.
Lo spiarono i satelliti
allungarsi nel tempo e nella forma.
Alimentare il movimento delle mani
e fermentare la stretta dell’abbraccio.
Il bacio confuse i secoli del dopo
e poi quelli del prima.
Fu come partorire il mondo attorno.

lunedì 4 febbraio 2013

Pont de Sèvres

Valérie Georgeon, Kawabata ©2012 - www.valeriegeorgeon.com



Nelle voragini di suoni
siamo stati di un bellissimo silenzio.
Sceso così bene
nella gola del cristallo glauco
soffice soffiato a Sèvres.

Siamo inconsunti di parole
fino ai dopo di domani
con meraviglie di agosti
portate a questa riva.
La mia non tua
la tua non mia.
Come stagioni inverse.

Che rumore le tue ciglia fanno
così significanti su di me
volandomi nel petto.
E tu con lui ti fermi
perché senta nella carne
le ciglia tue
come termiti nella terra.

Meglio i colpi d’arco.
Una nota lunga
per approfondirsi nel tepore
e non soffrire più gli incroci
che sono lontananza.
Già.
Perché dal punto in comune
comunque si cammina.

Come stagioni inverse, appunto.
Ma dammi un bosco
fittami alberi a ore supine
per sognarti.
Che proverò a essere l’inverso di chi sono.
E con fare antico
esserti il ritroso delle notti che non vissi.

Belle le iridi che guardano all’indietro
nell’aver sete del futuro scorso
su questa riva.
Tua non mia
mia non tua.