sabato 12 luglio 2014

Euskadi

Marisa Martinez, Bar-ce-lo-na, 2004 (www.marisamartinez.com)


Guidami con lo sguardo
sul celeste della volta.
Svetterà il cielo di stelle iridi.
Sicché mi basterà davvero poco.
Due occhi, diciamo
per mutarti in liquido pianeta
e sfociarti
con ogni lettera del fiume che mi sento.

O forse sarò io stesso
l'elenco telefonico dei numeri frattali
che a comando compongono i colori.
Prima il verde sfaldato di occhi
la punta regolare delle labbra
il microclima della pelle
nel tuo sonno sereno e senza usure.

Labradorescenze
poi
evocheranno, da vita, vita
e notturne aprirà le acque l'Urumea
per partorirti grano da terra.

Mi riconoscerai allora
nel solco insonne scosceso
che avrò in volto.
E mi saprai abitandomi le dita
come aghi di bussola
le maree.

mercoledì 9 luglio 2014

July and April

Laurel Fulton Waters, Lifted by Day and Suspended by Night, 2014 (http://laurelfultonart.com/)


Ci sono ancora nidi freschi a luglio
risalendo su per Le Bisson.
I vinai sorridono
e un palo della luce segue il tuo sentiero.
Perfino l’erba ti annuncia
commossa dal tuo piede carolingio.

Ci sono ancora nidi freschi, sì
lo sanno gli abitanti e qualcuno vi riposa.
E’ qui che esiste  la scolastica del mondo
di leggi madri eterne
rette dal cenno di una sposa.
Annidarsi, sorridersi,  inchinarsi
a quel destino che è dato di sapere.

Le leggi di un cenno, sì.
E scompari o diventi araldo
o poggi il mento su un liuto
o d’improvviso vai al mestiere delle armi.
Ché una daga allontana dai molti baci
forse per sempre
e per misericordia.

Ma un dopoguerra è inizio di qualcosa.
La rinascenza da sé stessa di una donna
il moto a te perpetuo dei suoi occhi
i vigili sensori del suo petto
specialmente avvertendo il vento.

Ci sono nidi freschi a luglio
che da sempre sanno il mio persempre.
Perché sono nato nel tempo a me più certo.
Io sono nato quei nostri giorni insieme.

domenica 6 luglio 2014

Moleskine Paris

Joseph Comellas, Rivers Journey (josephcomellasgallery.com)

Sarà la sacra attesa
della tua scia topazio a Compostela
che mi scompone il fiato.
Ma io non ho oggi per oggi.
Per oggi il pane è solo i miei domani.

Per esempio
quando a Saint-Denis sentii suonare una viella.
Fu allora che t’immaginai futuro
e pensai ai modi di dire t’amo in linguadoca
o di scriverti villotte
o anche danze di corte e di cortile.

Ma, sai, il fiato manca al canto
in quelle note lunghe e più precise
che, sopra, i neumi ci corrono una vita
e il suono domanda amore per uscire.

Ebbene le avresti sentite, questo sì
le mie note 
pronunciarle con i nomi che ti davo
che il ponte di Alessandro li sa ancora
e io nel mio blu sorridente
ti avrei costretta a raccoglierne suoni sparsi
dal fiume fino a Le Havre
se necessario.

Inargentati e scompari.
Che ci sono tante cose da fare sulla terra.
Scoprire di quante erbe è fatto il mondo
contare le stagioni oltre le quattro
tornare a fare il pane
sentirsi solo un atomo celeste
carpire l’aria alla fine di un rullaggio
dare il nome alle nazioni
almanaccare i ponti di Avignone.
E poi tacere la sincope dei battiti
che ci trasformò per sempre in un silenzio.

giovedì 3 luglio 2014

I primi propositi del mondo

Vladimir Kush, Ulysses (http://vladimirkush.com/ulysses-800)


Forse c’eri fra i primi propositi del mondo.
Come l’armonista che lega a sé le scienze
o il grano perfetto al pane
o la virtù che ci sostiene.

C’eri prima di null’altro.
C’erano le mappe stellate
con te come solstizio e inizio.
Per esempio quando guardi
che nasce all’impronta uno zodiaco.

O quando gemmano pratoline dai tuoi fianchi
che basta sdraiarsi per sentirne i passaggi
e farsi altimetri di aerei
e misurare il confine da labbra a labbra.
Sentire le formiche
e il volo nuziale delle tue mani al petto
che implorano silenzio prima che avvenga tutto.

C’eri prima del pane
delle ore del monaco
del mattutino annunciato da Romeo.
C’eri prima che fosse il prima
ché ogni verbo è avvezzo al proprio tempo.

Che è meglio non sapere, a volte
chessò, delle brutture dai giornali
dei vizi presi al lazo
di cortesie fasulle ma sociali.

Io ti sapevo invece.
E sarei riuscito nel mio tempo dato a rivestirti
con incursioni di sguardi di pirite
negli occhi ormai lontani.
Come lontani hai ormai i passi che inseguivo.

martedì 1 luglio 2014

While Beauty Was Laying

Giorgio Silvestrini, Nan-Shan (Courtesy Galerie Eva Hoeber, Paris)


Ce lo dicevamo come sarebbe stato.
Io sarei partito dall' Île fino a Procope
una sera di novembre
di quelle quando i bistrot t’invitano a restare.
Tu dalla tua città abbacinata dalla nebbia.

Ti avrei attesa tanto
e ti avrei riconosciuta
perché il sole notturno si distingue
e non c’è trucco, signori, e non c’è inganno.

Ti avrei aspettata indugiando sui librai d’inverno
impavidi cani del  lungosenna.
Le solfeggiavo le ore a noi mancanti
specialmente in quegli andanti di silenzio
che erano i tuoi sguardi a mia memoria.

Che il nulla di nuovo sul fronte occidentale
si sarebbe sciolto in un abbraccio
e tu mi avresti preso
e detto e fatto le cose di ogni sogno.

Avresti comunicato senza fili sulle labbra
poi mi avresti steso
forse sorriso.

Nel momento esatto in cui
toccandomi le palme
avresti  riconosciuto
il mio anello cucito d’erba.

domenica 29 giugno 2014

Cose dette tenendosi per mano

Rejane Pfeiffer, Promenade en Alsace

Sono fatto di cose dette tenendosi per mano.
Come quando tieni per mano il mare
e realizzi che l’acqua intera si respira
e si respira il ponente.
Per cui negozi il sogno
come fanno i mercanti prima del tramonto.

Sono fatto di tanti te e me.
E né sono roccia né fortezza per mancarti.
E non sono arciere ma sagoma notturna.

Sono gli occhi scambiati
le betulle sull’attenti
i salici abbracciati al fiume
sono il guitto piangente Ecuba
il fachiro sul grano acerbo
sono acume dell’elmo  morto in guerra
che ti disegnerei  l’Alsazia addosso  per capire
dove staremmo sdraiati persi
trafitti da un solstizio.

Sono le tue cose dette tenendomi per mano
il morse delle mie dita
a telegrafarti i fianchi
che non si sa se parlo io a loro
o siano loro ad informarmi
esatti
di come sleghi i passi
mentre mi incedi dentro.

martedì 24 giugno 2014

Il cane tornato da una pioggia

Frédéric Bernardi, Harmonie Maritime


Senti, restiamo qui
perché sono un cane tornato da una pioggia
nessun fiato di guaito
ma solo la ricerca di te in un anfratto.

Poi che sia notte e che ora della notte
poco importa.
Restami come facevi.

Forse lo ricordi Beauvais
l’incanto dei villaggi verdi intorno
e gli occhi piccardi
e il bianco intuito delle cosce
e contare l’infinito a noi residuo
fino alla Bretagna.

Se senti ancora come senti
spiegami gli arcani
per esempio i voli indecollati
il frinire delle reti aeree
quando sotto scorre un treno mai fermato.
Neppure con un dito.

Ma soprattutto spiegami quante stagioni avemmo
e perché ebbe fine
la nostra storia chimica nell’erba.

domenica 22 giugno 2014

Clues of Our Mutual Clouds

Adam Licsko, Oil on canvas


Quando (se e quando)
nel sogno avrò ricevuto il sole
ricordati del mio sasso verde
tenuto sempre in tasca
come il mio pezzo solitario di pianeta.

Dobbiamo saperlo
noi primi strati liquidi del mondo
che le parole saranno carta sparsa
nella sincerità di un vento
sui templi delle vette
dove albergheremo.

Se mi vedrai confuso
(com’è confuso l’annegato petalo di lago)
sarà per tutti questi giri
fatti di punti alle parole.

Perché non vidi al tempo di guardarti
perché i silenzi scrigni mi dirigono
ora
come fossi in balia
delle mie scarpe stanche.

Sarà perché le dita
si dissetano dall’acqua
non sapendo più delle carezze
ma solo dei tempi certi di caligine.

Che a volte è meglio essere casa su un castano
o uno scoglio
o vegliare su velieri innati
e farsi prossima preda di maree.

Meglio che compatirci entrambi
frecce di Giove
e figli di un’errata matematica del volo.

C’è una fiera di compratori di chimere
e chi visse doppio
e chi non seppe inabissarsi.

E poi noi
le sfere inavvertite dal sestante.
Volatili
nelle nostre vicendevoli nubi.

domenica 15 giugno 2014

Kocherinovo

Tone Aanderaa, Flying Tree© 2014 

Sai i fumaioli di cicogne?
Li vedi  usciti indenni dalla neve
come letti di basalto
nell’attesa della muta.
La rotta di ritorno che si annuncia
quando il cielo ingravida l’attesa.
A Kocherinovo ora intessono ghirlande
le cicogne.
Ed io mi fermo in te
come un binario annidatosi nell’erba.
E in te starò fino al balzo successivo delle schiuse
quando, sai, barcollano i gusci sui comignoli
fermati dal ramo di una paglia, o da un petalo
o dal fischio allarmato della madre.
Mi starò in te.
Come fa una roccia in un santuario
quando promette acqua nei secoli a venire
al pellegrino
e tutto ridiventa un sole che si accende di se stesso.
E mi sorridi.
Io ho per te anelli traci
Per te indosso l’oro selvaggio nelle vene.
E se mi aspetti sul volo dai camini
ti tornerò addosso
e sorridendo silenzierò i nomi
le date e le coordinate dei sospiri.
Io ti terrò distesa.
Come a Kocherinovo
il sonno sui comignoli di maggio.

martedì 3 giugno 2014

Le campane di tutto agosto

Vladimir Kush, Ocean (www.vladimirkush.com)

Se ci fosse un ‘ora
in cui stendermi e chiamarti  il nome
scegliendo una lingua indecifrata.
Per esempio, dirti amore mio in armeno
dirti che quando è troppo notte
quando c’è miscuglio di ululati
e la troppa allegria di donne e di soldati
quando parlano a distesa le campane
per tutto agosto
sera e mattina
dirti che sono là mischiato nella folla.
E dirti che vivo
come a reggere il sudore di una serra
come un rampicante a filo perenne di grondaia
come neve accigliata sui dirupi
in attesa dell’orma di una mano.
Sai
i racconti dei vecchi dicono saggezza.
Di come si cuoce il pane sulla lava
come se cibarsi
dipenda da un vulcano che si quieta.
So in quali nidi ritrovarti.
Dai capelli slegati del salice sceso a riva.
Per cui fra terra e acqua
saprò il tuo volto e nome.
Ma intanto lascia che i campanari avvisino
i pendii di tutto agosto
per cercarti.

domenica 1 giugno 2014

Il libro per i nomi di ottobre



Marchella Piery, “Autumn Fantasy”

Ti albergo molte notti
come i telescopi di Halley  le comete
come i girasoli l’aria.
Ti albergo e tu prepara l’almanacco.
Ferma le parole e incidile
Quelle inquiete, le pronunciate dal silenzio.
Quando Virgilio non sapeva la sua meta
prima di cadere sotto il sole
ma sapeva di api e di girandole di grano.
Sei come lui
a me tenue nei passi congiuntivi
perfetti ricalcati
che dicono ciò che è da dirti
fermando il petto al verbo sempre.
Nel libro per i nomi di ottobre
scoprirai quelli che ti ho dato.
Di campanula sofferta di tempesta
di vergine infranta da uragani
di danza restia ad abbandonare un prato.
E ancora
il tuo buon fiato di speranze
e l’onestà carpita dal buon vino.
Nel libro sono incisi i tempi
quelli sbagliati e i giusti
ma soprattutto cerca
i nomi travestiti da futuro.